venerdì 20 febbraio 2009

LE LACUNE SU CUI RIFLETTERE


Il Milan esce nettamente ridimensionato dal derby e dalla settimana della stracittadina. Ormai definitivamente mozzate le ambizioni da scudetto per la squadra allenata da Carlo Ancelotti, che ora punta all'accesso in Champions e alla vittoria in Coppa Uefa. Anche nella competizione europea, però, il Milan ha mostrato delle lacune: l'1-1 di Brema è stato accolto dai più come risultato positivo, e lo è, però anche nella sfida col club di Brema sono emersi dei problemi ricorrenti, come la mancanza di un gioco ben definito - guarda caso coinciso anche con l'assenza di Beckham - e certe colmabili carenze del reparto difensivo. Soprattutto sulle palle inattive: non è possibile lasciare soli in area i centravanti avversari. Bisogna assolutamente risolvere questi problemi, rinforzare la squadra con dei giovani, irrobustirla di centimetri e chili senza perdere peso dal punto di vista tecnico. C'è tanto, tantissimo da lavorare. E' così da diverse stagioni, ma ogni estate la società non riesce completamente a svoltare pagina.

La verità è che il Milan e la Juventus non possono e non riescono più a spendere come vorrebbero: la crisi si sente a tutti i livelli, e i più titolati club nazionali non possono più competere economicamente non solo con il Manchester (United, sia chiaro) e il Real Madrid, ma neppure con l'Inter del magnate Moratti. I rossoneri cercano di alzare l'entusiasmo dei tifosi per lo più con acquisti clamorosi e nomi altisonanti che però hanno dato già il meglio di sé (Rivaldo, Crespo, Vieri, gli stessi Ronaldinho e Beckham: per quanto bene essi possano fare sotto la Madonnina, sembra quasi che i loro nomi stampati sulle nuove maglie servano a coprire l'assenza di acquisti più utili per rafforzare e ringiovanire la rosa. Si è detto tutto del tesseramento di Cardacio e Viudez, che ha impedito a posteriori di poter schierare Thiago Silva già in questa stagione; ma poco si dice del 'diritto divino' che sembra garantire la presenza in campo di alcuni senatori a prescindere da molteplici fattori. Il più criticato di questi senatori è stato Seedorf, che in questa annata sta andando a corrente molto alterna. Così è naturale chiedersi perchè non giochi mai Flamini, ottimo col Werder, o perchè il bravissimo Antonini sia spesso relegato ai margini. E tornano ovvi dubbi su Gourcuff: il francesino raramente ha sfruttato le poche occasioni concessegli, ed è stato 'incolpato' dalla critica di scarso carisma. Ma a vent'anni Yoann ha diritto ad altre chance, cosa che l'onnipresenza di Seedorf - anche quando è in condizioni meno accettabili di forma - impedisce evidentemente. Lo stesso attacco è stato costruito e gestito male: nessuno poteva prevedere che Borriello impattasse in una sfortuna senza capo nè coda e terminasse la stagione prim'ancora di iniziare, ma il caso Shevchenko lascia pensare. O è davvero cotto e al tramonto, e ciò lo giudica Ancelotti in allenamento, o, inevitabilmente, il mister 'non lo vede'. Nel primo caso il Milan avrebbe dovuto avvedersene prima, o al massimo riparare a gennaio; nel secondo caso saremmo di fronte ad un caso palese di disaccordo che non può tollerarsi in un club di tale lignaggio. Un attacco ridotto a super Patinho e a nonno Inzaghi, magnifico, che comunque sa di essere un 'Altafini' part-time, non può bastare in una squadra con forti ambizioni.

Già, Pippo Inzaghi. La storia scorre sul suo petto, le medaglie -i gol- riempiono da soli gli almanacchi. Passano gli anni, i compagni, gli avversari: Pippo resta sempre. E quando le notti europee, anche se di serie B, tornano a soffiare la loro brezza eccitante, torna l'ora del condor. E lui timbra il cartellino con inaudita regolarità: con un tocco rapinoso su un rimpallo fortunato, come quella volta al Bayern, nel 2005/06. Già, il Bayern, una delle sue vittime predilette: castigato anche nel 2002/03 (3 gol in 2 gare) e nel 2006/07 (ai quarti), e in entrambi i casi fu vittoria finale. L'ultima, scandita proprio dalla doppietta al Liverpool dell'assatanato SuperPippo. E' un piacere per gli occhi vederlo esultare con le braccia al vento e il volto sfigurato da un epilettico e violento moto di gioia primordiale. Lo ha fatto 105 volte in rossonero, dal 2001 ad oggi. 16 reti il primo anno, limitato da un infortunio: senza di lui il Milan affondò, col suo ritorno rimontò fino al quarto posto. Poi, nel 2003, 30 gol infilati alle spalle dei portieri. La sua stagione migliore, ogni pallone toccato finiva in rete. Soprattutto in Europa, con 12 prodezze e la vittoria finale: indimenticabili i sigilli al Lens, al Bayern, la tripletta-quasi-poker a La Coruna, il guizzo nel gelo di Dortmund e la serata magica dell'Ajax: gol, assist, delirio finale al '93. Gli infortuni lo hanno perseguitato a lungo (14 gare e 7 gol nell'anno dello scudetto, un solo gol nel 2005), portandolo a pensare che 'Sembra che debba pagare tutto quello che di bello ho vissuto fino a Manchester'. E invece Pippo torna con la sua fame vorace, segna 17 gol e va ai Mondiali; l'anno dopo, archiviati i preliminari con immancabile gol di Pippo, il bomber si accomoda a far da chioccia e viene rigettato nella mischia in primavera: è la stagione di Atene, della doppietta in finale, degli 11 gol stagionali. La musica si ripete nell'ultima stagione: Inzaghi sembra destinato a fare l'attaccante part-time, ma a fine stagione è lui a salvare il Milan e trascinarlo sulle sue spalle, con 18 centri. Passano gli anni, ma il vecchio bucaniere non smette mai di rincorrere la sua più grande passione: il gol.

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